Lilli: necessità dell'anima

Liliana De Renzis, in arte Lilli, nasce a Roma nel Dicembre del '42.
Figlia di una famiglia di pittori, segue i suoi studi e comincia ad esprimersi subito con molta naturalezza con l'acquerello, il carboncino, la cera e infine la pittura ad olio.
Si sposa, ha due figli e intanto si appassiona ai paesaggi, alle nature morte, ai fiori, ai colori decisi.
Dopo diverse retrospettive della produzione ad olio, sta orientando il suo interesse verso la computer art.

Un impegno per la coscienza
di Franco Di Dio Magrì

Per un critico d'arte non dovrebbe esistere nessuna "noia da recensione", ma come tutto l'umano agire la routine spesso prende il sopravvento.
Stavo viaggiando in treno quando un mio amico ha telefonato chiedendomi di visionare la produzione artistica di una sconosciuta. "La solita routine" ho pensato e, preso un appuntamento, ho continuato a leggere il giornale con il sottofondo dei binari.
Arrivato il giorno dell'incontro, mi reco in una sorta di decoroso scantinato e intorpidito dal traffico metropolitano scendo i tre scalini fatiscenti che mi proiettano improvvisamente in una dimensione che da troppo tempo avevo dimenticato. Una luce s'irradiava da ogni opera esposta, la luce che riconciliava lo spirito dell'appassionato puro, con la professione del critico. E' difficile esprimere le sensazioni che mi hanno sorpreso dopo troppi anni d'assuefazioni.

Lilli, il nome che ha acceso queste opere, è un'Artista che vive a Roma e dipinge per necessità dell'anima. E si sente.
Autodidatta, esprime l'incontro tra corpo e spirito incarnando nei colori assolutamente personali, una capacità stilistica propria dei grandi dell'arte. Le influenze dei Maestri impressionisti e delle avanguardie del '900 s'incontrano con la tradizione più nobile dell'italica creatività.
Leonardo, Cezanne, Renoir, Munch, De Magistris, si fondono nella coscienza del visitatore con lucida autorevolezza ed i sentimenti dominati dagli ingranaggi affamati e spietati della concretezza reagiscono ai tormenti del quotidiano conferendo serenità all'esistenza.

Il periodo agostano, in particolare, evoca una dimensione ormai dimenticata nelle società idrocarburate: la Koiné, la Comunità.
Agosta, paese vicino Subiaco, mette in scena sé stessa, ci rimprovera l'oblio che rinnega la condivisione della nostra umanità sfidando i nostri pianerottoli protetti dai cilindri europei. Agosta nelle prospettive di Lilli, esplode in una solarità contagiosa, scatena i sapori dell'esistenza e ci riconcilia con il mondo. Non è poco. L'energia di queste opere è un messaggio dentro una bottiglia che non può essere ignorato.

I disegni esprimono la classicità fidiana che ha iniziato l'occidente alla civiltà. I tratti decisi disegnano una bellezza ideale che illude la razionalità. Un decoro per la dignità diffusa che solo una tecnica asservita ai sentimenti può tradurre sull'agorà delle cose semplici.

Le nature morte ed i fiori reinventano la Natura sfidando l'origine dell'universo. L'evoluzione della specie e la brutalità della selezione si ricompongono in un caleidoscopio divino che l'anima pura non osa sfidare.

E' con umiltà che vivo quest'Arte. Il mio percorso di critico n'esce frastornato. La forza della semplicità invade la scena della mia vita e m'ispira a rinnovare la mia professione che, dopo ciò che ho vissuto, non sarà più la stessa. Un impegno per la coscienza.

Grazie Lilli

Franco Di Dio Magrì

Il segno come ricerca
di Sandro De Renzis

L'artista irrompe dalla dimensione del buio con segni primigeni di chiara matrice astratta, ma quanto lontani da quella collocazione stilistica essa sia pervasa, appare nel subitaneo prosieguo.

Stilemi astratti adottati come strumenti per elaborare una metamorfosi in funzione di una ricerca, di un approdo ségnico, di un rigore compositivo conquistato prepotentemente, purificandolo da remore ed inconsce paure per mezzo di icone rassicuranti, cercate e trovate nel quotidiano della realtà.

Permangono ed affiorano a volte, elementi di inquietudine, cromaticamente evidenziati da visioni di luci severe, cupe, ma sempre un contesto rappresentativo dell'“usuale”, del “giornaliero”, domina la composizione e basta questo per respingere gli spettri nell'inconscio dal quale, forse, questi provengono.

Il segno è sempre “pulito”, sia carboncino, acquerello, tempera od olio, ne esce sempre una traccia “indagatrice”, che scava, “cesella”, più una vicinanza alla linea che alla materia, quasi un ricercare la verità, scrostandola, liberandola, dai sedimenti policromi e obnubilanti della vita.

Il pennello, più che spargere il colore, lo “scansa” per cercare di raggiungere quello affannoso effetto catartico scevro da sovrastrutture.

Si nota come il percorso, più che trentennale dell'artista, non abbia seguito una linearità costante di produzione, ma a periodi intensi, si siano alternati dei vuoti che sottendevano tautologicamente una espressività inespressa, ineluttabilmente foriera di un'esplosione creativa.

Sandro De Renzis